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(Non) sei tutto tuo padre

di Luigi Adriano Tonizzo

Tutti noi (o meglio, la maggior parte) abbiamo vissuto un rapporto con il proprio padre fatto di severità e carezze.
È oggettivo tuttavia come negli ultimi anni il ruolo di questa figura genitoriale si sia rapidamente modificato: da presenza autorevole e autoritaria a padre premuroso e a contatto con i figli.

Ed è proprio su questo ruolo che si è interrogata SWG con una rilevazione settimanale che ci aiuta a comprendere la portata di questo cambiamento.

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Il dato è chiaro, di generazione in generazione i padri sono sempre meno in grado di trasmettere i propri valori ai figli (o, d’altro canto, quest’ultimi ne sono meno consapevoli): dalla morale al lavoro, passando per le relazioni.
 
Quali possono esserne le cause? Moltissime a dire la verità.
Dal fisiologico conflitto padre-figli che trova una sua redenzione nella morte del primo, fino ad arrivare alla trasformazione di questo rapporto da verticale (padre-dittatore) ad orizzontale (padre-amico). Ma anche un monopolio dell’informazione che non è più di esclusività dei genitori, ma bensì degli smartphone e di internet.
 
Tra tutti, però, c’è un aspetto che a mio avviso è bene tenere a mente: ci troviamo (ancora una volta) davanti alla vittoria suprema dell’autodeterminismo.
Il rifiuto categorico delle nuove generazioni nel pensare di non essere autonomi nella costruzione della propria identità, e dunque dei propri valori (in evidente contrasto con la figura degli influencer, ma tant’è).
I genitori non sono più dei modelli da prendere a riferimento perché i giovani vogliono essere liberi in tutto e per tutto: liberi di scegliere per il proprio corpo (aborto ed eutanasia), liberi di decidere chi amare, liberi di sentirsi donna, uomo o anche nessuna di queste.
 
E, se questo trend proseguirà, c’è da chiedersi se non sia il caso di sostituire anche i genitori con l’intelligenza artificiale. Forse potrebbe andare meglio.